Sfratto: quando può essere eseguito e come tutelarsi

Lo sfratto, da un punto di vista squisitamente normativo, è un atto giuridico mediante il quale il locatore chiede ufficialmente al proprio locatario la riconsegna dell’immobile oggetto del contratto di locazione.

Volendo semplificare il concetto, quindi, possiamo affermare che lo sfratto è un negozio giuridico ufficiale ed unilaterale tramite il quale il proprietario di un immobile (civile o commerciale) intima al conduttore di lasciare il bene a suo tempo locato e di restituirlo all’effettiva disponibilità del proprietario stesso. Lo sfratto, in quanto atto giuridico ufficiale, viene disciplinato dal legislatore nel codice di procedura civile che ne stabilisce i presupposti e le modalità.

E’ essenziale evidenziare, infatti, che si tratta di un atto giuridico che può essere posto in essere soltanto nei casi specificatamente individuati dalla giurisprudenza e che richiede un iter burocratico (la cosiddetta procedura di sfratto) formale preciso e non derogabile.

Va precisato, infatti, che l’intimazione di rilascio dell’immobile diventa effettivamente esecutiva soltanto con la convalida di sfratto da parte di un giudice che ne ha accertato l’ammissibilità in seguito alla conformità dei presupposti riscontrati.

Tipologie di sfratto

Il legislatore ha individuato in modo specifico ed univoco i presupposti essenziali che consentono ad un proprietario immobiliare di addivenire ad una intimazione di sfratto ai danni del proprio affittuario.

Lo sfratto per termine di locazione può essere richiesto dal proprietario immobiliare qualora il conduttore non abbandoni l’immobile oggetto del contratto di locazione nonostante quest’ultimo sia giunto ad effettiva scadenza.

Lo sfratto per finita locazione è disciplinato dall’articolo 657 del codice di procedura civile e permette al proprietario di ottenere un titolo esecutivo ufficiale che gli consente di rientrare in possesso dell’immobile nel caso in cui l’inquilino, nonostante il termine del contratto di locazione, non lo abbia effettivamente riconsegnato.

Lo sfratto per morosità, invece, è l’intimazione a riconsegnare il bene qualora il conduttore sia inadempiente da un punto di vista economico nei confronti del locatario. Può essere richiesto qualora l’affittuario non abbia pagato il canone di locazione previsto (anche una sola mensilità e decorsi 20 giorni dal termine previsto per il pagamento) oppure non abbia onorato le spese condominiali per un importo pari almeno a due canoni di locazione.

Lo sfratto per necessità, infine, può essere richiesto dal locatore che intenda utilizzare il bene locato per motivi specificatamente individuati dalla legge.

Tra questi, ad esempio, la necessità di destinare il bene ad abitazione (o per l’avvio di un’attività commerciale) a favore di un familiare entro il secondo grado, quando l’immobile è danneggiato e deve essere sottoposto ad opera di ristrutturazione, quando il bene è stato sub locato o abbandonato dal conduttore, qualora l’affittuario abbia l’effettiva disponibilità di un bene immobiliare di proprietà della stessa categoria di quello locato oppure nel caso in cui si voglia procedere alla vendita del bene ed il conduttore non sia interessato all’acquisto.

La procedura di sfratto

La procedura di sfratto per finita locazione e per morosità è sostanzialmente la stessa. Per avviare l’iter burocratico è necessario avvalersi delle prestazioni professionali di un avvocato il quale, come primo passo, potrà tentare una fase di conciliazione stragiudiziale tra le parti.

Qualora il tentativo non sortisce esito positivo, si renderà necessario procedere con la notifica al conduttore inadempiente di un’intimazione di sfratto contenente la contestuale citazione davanti all’autorità giudiziaria per la convalida dell’atto e l’iscrizione a ruolo effettuando il pagamento dovuto. Tra la notifica di sfratto e l’udienza di convalida devono trascorrere almeno venti giorni durante i quali è ancora possibile addivenire ad un accordo tra le parti.

In sede di udienza il giudice, verificata la regolarità dei presupposti e la conformità formale della notifica, Convalida lo Sfratto per Morosità o per Finita Locazione che è il cosiddetto sfratto esecutivo.

Dopo un primo periodo di cognizione durante il quale il conduttore ha la possibilità di restituire l’immobile al proprietario in modo spontaneo, si avvia la fase di esecuzione dello sfratto in modo coattivo, con la notifica del precetto e successivamente dell’avviso di sfratto da parte dell’ufficiale giudiziario.

Il conduttore, naturalmente, in un tempo compreso tra la convalida di sfratto e la monitoria sgombero ha facoltà di opposizione di sfratto di morosità che non prevede la forma scritta, ma può essere espressa anche in modo verbale durante l’udienza.

Per eseguire materialmente il provvedimento di sfratto esecutivo è indispensabile chiedere all’ufficiale giudiziario che proceda a notificare al locatario il cosiddetto preavviso di rilascio dell’immobile a cui seguirà il rinvio a data successiva per l’esecuzione definitiva (fatti salvi i numerosi posticipi che possono essere chiesti per varie motivazioni). All’esecuzione materiale di sfratto può essere necessario chiedere la presenza della forza pubblica.

I tempi medi di uno sfratto esecutivo, di solito, non sono inferiori all’anno e variano in relazione alla presenza di variabili differenti.

Tra le variabili che possono dilatare i tempi anche in misura significativa vi sono alcuni casi particolari come lo sfratto di un conduttore che abita nel bene con la propria famiglia composta anche da figli minorenni.

Alcune precisazioni

Va precisato che lo sfratto con figli minori o disabili è possibile purché, prima del reale sgombero del bene, venga ad essi garantita un’altra unità abitativa di pari categoria. Nel caso specifico l’intervento dei servizi sociali o del giudice tutelare può allungare i tempi in modo considerevole.

Per accedere alla procedura di sfratto esecutivo, ovviamente, è indispensabile che il contratto di locazione sia regolarmente registrato mentre non è possibile in caso di concessione di comodato d’uso gratuito del bene immobiliare poiché non rientra nei presupposti giuridici fatto salvo i casi di occupazione abusiva.

Uno sfratto per morosità, inoltre, non può essere mutato in una risoluzione di diritto.

Va sottolineato, infine, che,in seguito alla sentenza 213 del 12 novembre scorso, la Corte Costituzionale ha bloccato l’esecuzione dei procedimenti di sfratto fino al termine del dicembre 2021.

Tutto ciò che devi sapere sul Ritiro Patente

Il ritiro della patente, ovvero la materiale sottrazione del documento da parte degli agenti del traffico, è un provvedimento che può essere preso come corollario e aggravante di una comunque presente sanzione amministrativa; esso può avvenire in una limitata gamma di casistiche, che andremo presto ad analizzare, e concretizzarsi poi in una semplice sospensione o in una revoca del documento. Infine, sarà necessario intraprendere un iter prestabilito per rientrare in possesso della patente di guida.

Ritiro della patente per alcol

Tra le cause più comuni per il ritiro della patente, la guida in stato d’ebbrezza viene punita, secondo gli articoli 186 e 186bis del nostro Codice della strada, con sanzioni amministrative elevate e con il ritiro del documento. La gravità della sanzione è direttamente proporzionale al livello di tasso alcolemico nel sangue: il ritiro patente in questi casi va dai 3/6 mesi nei casi meno gravi, fino agli 1/2 anni e alla possibilità di revoca del documento in caso di recidività.

Qualora poi il soggetto colto in flagrante rifiutasse di sottoporsi ad alcoltest, si applica la massima pena e, l’eventuale confisca del veicolo.  In caso di ritiro patente per alcol, l’unico modo per tornare in possesso del documento è attendere la scadenza della sospensione e ottenere l’idoneità dalla Commissione medica locale.

Ritiro patente per eccesso di velocità

Anche questo caso concorre purtroppo tra i più popolari: in caso di eccesso di velocità la patente viene immediatamente ritirata. Tuttavia il nostro Codice della strada prevede due differenti sanzioni per due casistiche diverse.

Il superamento di un limite di velocità tra i 30 e i 60 Km/h è punibile con:

  • Una sanzione tra i 527,00 e 2108,00 euro
  • La decurtazione di 6 punti dalla patente
  • La sospensione della patente da 1 a 3 mesi

Nel caso invece di superamento di un limite dai 60 Km/h in su avremo:

  • Una sanzione tra gli 821,00 e i 3287,00 euro
  • La decurtazione di 10 punti dalla patente
  • La sospensione del documento da 6 mesi a 1 anno

Anche in questi casi dovremo attendere la scadenza del periodo di sospensione prima di procedere alle pratiche per riavere la patente.

Ritiro patente per guida al telefono

Ci sono casi in cui i nostri più grandi alleati possono trasformarsi in acerrimi nemici: lo smartphone, ad esempio, ci è ormai praticamente indispensabile nella vita quotidiana, i cui ritmi sono dettati da un mondo sempre più frenetico che ci impone la necessità di annullare quanto più possibile le distanze che ci separano non solo dalla nostra personale sfera d’influenza, ma anche da tutto ciò che dal mondo esterno potrebbe giovarci o interessarci.

E’ così che non pochi cadono nella trappola: il momento della guida rimane un dei momenti in cui assolutamente dovremmo prenderci una pausa dallo smartphone e dedicarci invece con la totalità della nostra attenzione a ciò che stiamo facendo sul momento e, il cellulare gioca in questo caso il ruolo di grande antagonista.

Il nostro Codice della strada disciplina l’argomento all’articolo 173, rivisto e inasprito nel 2017, nel seguente modo:

  • Sanzione amministrativa da 161,00 a 647,00 euro
  • Ritiro della patente da 1 a 3 mesi, in caso di recidiva entro i due anni successivi

Ritiro patente per guida con patente scaduta

Un altro caso di ritiro patente può avvenire qualora qualcuno venisse sorpreso alla guida con un documento non più in corso di validità. Ricordiamo che la patente deve essere rinnovata ogni 10 anni fino al raggiungimento del 50esimo anno di età, ogni 5 anni dai 50 ai 70, ogni 3 anni fino agli 80 e ogni 2 anni per gli ultraottantenni.

Le sanzioni in merito vanno dai 160,00 ai 644,00 euro, con ritiro patente accessorio, salvo concedere 10 giorni al guidatore colto in flagranza per effettuare la visita medica e svolgere tutte le pratiche per ottenere nuovamente il documento.

Patente ritirata: cosa fare per riaverla 

In caso di ritiro per scadenza della patente di guida, sarà sufficiente sostenere gli esami medici previsti per tornare in possesso del documento.

Nelle altre ipotesi di ritiro patente, come ad esempio in caso di tasso alcolemico elevato, la commissione inviterà il soggetto della sanzione allo svolgimento di un programma terapeutico composto da un colloquio di accoglienza, una visita medica, esami clinici e quattro sedute di counselling.  In caso di esito positivo la patente sarà restituita.

Nei casi più gravi, infine, quando la patente è direttamente revocata, occorre attendere minimo 2 anni prima di poter rifare l’abilitazione di guida. Quando la ragione della revoca è legata a requisiti psicofisici, un incidente grave con feriti o l’assenza di revisione valida del documento di guida, è d’obbligo ottenere un certificato da visita medica o superare di nuovo gli esami di teoria e pratica.

Come si ottiene il divorzio dopo la separazione?

Quando c’è la necessità di ottenere il divorzio dopo la separazione non tutti sanno come procedere. In Italia quest’ultima ha tempi brevi, basta infatti un’udienza davanti al tribunale oppure in Comune, o un atto firmato davanti ai rispettivi avvocati. Tuttavia questo non è sufficiente a sciogliere definitivamente il matrimonio, sarà necessario un divorzio dopo separazione che prevede tempistiche e una burocrazia purtroppo più lunghe. Ma vediamo meglio come.

Il primo passo per il divorzio: la separazione

Se vi state chiedendo come ottenere il divorzio, bisognerà prima di tutto sapere che per intraprendere questo percorso il primo passo da compiere è separarsi. La legge stabilisce infatti che il divorzio non è automatico e necessita di una tempistica che può variare. Ciò dipenderà anche dal tipo di separazione che i coniugi hanno scelto e dall’eventuale prosecuzione della convivenza sotto lo stesso tetto, situazione questa abbastanza comune per motivi pratici o economici. Vediamo dunque i tipi di separazione esistenti.

La separazione consensuale

La separazione consensuale consente ai coniugi di separarsi di comune accordo con un iter più rapido. In genere, in questo caso, le parti sono state in grado di stabilire un accordo sui diritti patrimoniali, sull’assegno di mantenimento e sull’affidamento e collocazione dei figli. Questa può avvenire in Comune con due incontri e senza costi, qualora la coppia non abbia figli economicamente non autosufficienti o trasferimenti di beni mobili e immobili, oppure davanti agli avvocati, o ancora in tribunale. In quest’ultimo caso i coniugi dovranno presentarsi davanti al presidente del tribunale con i rispettivi avvocati per firmare un accordo già precedentemente concordato.

La separazione giudiziale

In caso di separazione giudiziale i coniugi non hanno trovato un accordo sulle questioni economiche e/o sui figli e bisognerà dunque ricorrere a una causa in tribunale. Il giudice, al termine del processo, stabilirà l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli, della casa e il loro mantenimento. Ci sarà una prima udienza davanti al presidente del tribunale, con cui si cercherà di trovare un accordo tra le parti, dopodiché si passerà a decidere la quota del mantenimento dell’ex e dei figli, nonché il loro collocamento, in attesa che la sentenza stabilisca in via definitiva tali aspetti.

Dopo quanto tempo dalla separazione si può divorziare

Vediamo ora nel dettaglio dopo la separazione come ottenere il divorzio. Partiamo dal presupposto che l’iter non è automatico, sia il divorzio dopo separazione consensuale
che il divorzio dopo separazione giudiziale hanno bisogno di tempistiche stabilite dalla legge. Spieghiamo quindi quanti anni ci vogliono per ottenere il divorzio. Ebbene, bisognerà aspettare sei mesi in caso di separazione consensuale, termine che decorre dalla data in cui i coniugi sono comparsi davanti al presidente del tribunale o in Comune, o hanno sottoscritto la negoziazione assistita, e un anno in caso di separazione giudiziale, a partire dalla data di comparizione dei coniugi in tribunale. Per ottenere il divorzio dunque bisognerà seguire queste scadenze.

Divorziare senza separarsi

Alla regola c’è sempre l’eccezione. In questo caso ci sono alcuni casi specifici in cui i coniugi possono ottenere il divorzio senza prima passare dalla separazione, usufruendo così di una procedura molto più rapida. Ma vediamo i casi in oggetto:

  • una rettifica di attribuzione di sesso
  • in alcuni casi specifici a carattere penale
  • a seguito di annullamento o scioglimento del matrimonio celebrato all’estero
  • un matrimonio non consumato

Ottenere un divorzio breve

Nel caso in cui si vogliano risparmiare tempo e denaro, c’è la possibilità di un iter più semplificato. Vediamo quindi come ottenere divorzio breve. In questo caso i coniugi non avranno bisogno di avvocati, ma dovranno presentarsi davanti all’ufficiale di Stato civile. Sarà sufficiente che dichiarino al sindaco la loro volontà di divorziare ed entro trenta giorni saranno riconvocati per confermare la loro volontà. Ci sono però delle questioni da valutare in questo caso, in quanto questa è una procedura studiata per le coppie che non hanno figli minorenni o economicamente non autosufficienti e che non hanno firmato patti di trasferimento patrimoniale. In questo caso inoltre i genitori dovranno provvedere al mantenimento dei figli, alla loro educazione e alla loro istruzione in base al proprio reddito. Altra caratteristica è che l’ex moglie perderà il diritto di utilizzare il cognome del marito, a meno che non dimostri che questo è legato ad un interesse meritevole di tutela per sé o per i figli.